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dentro una caraffa custodivano le lacrime sparse da Cesare allo annunzio della morte di Pompeo. Da un lato il bacio di Giuda conservato nello spirito di vino, dall’altro per riscontro impagliate tutte le riforme, amnistie e statuti concessi dai principi italiani nel 1848, meno uno. D’intorno sparse le insinuazioni perfide e i giuramenti traditi in forma di anelli di oro rotti: in mezzo poi appariscente lo scudo, che faceva per impresa un Castrone col capo di Faina, che mostra i denti; e questa mi fu accertato essere la insegna vera dell’Arciconfraternita dei Moderati.

Circuito ch’ebbero il trofeo levarono un rombazzo, un frastuono, un rovinio! chi suonando corni in nota di amore di patria, chi scacciapensieri su l’aria di carità del prossimo e fischietti di timore di Dio con l’accompagnatura di tamburini coperti di pelle umana conciata dalla ipocrisia.

Poi di repente il fracasso cessò e la voce del Mezzuino moderato si diffuse all’intorno, la quale gridava: «non vi è altro Dio, che il Dio dei Moderati, e il Maestro manovale delle Memorie storiche è il suo profeta»1 Il frastuono infernale cuopriva il cordogliare singhiozzoso delle migliaia e migliaia

  1. S’intende dello orvietano marchese Filippo Gualtiero