degli spettri, le colonne risorgono, piegansi nelle ampie curve i gradini, si prolungano stupendi intercolonnii ed atrii; la moltitudine si assetta ai suoi posti, e i cavalieri, i senatori, i sacerdoti e le vestali: — ecco il gladiatore; il Byron coll’alta fantasia ce lo mette davanti agli occhi ferito a morte: egli tenta sostenersi sul braccio che gli vien meno tremando, e il corpo giù giù si piega acconsentendo reluttante alla morte; dal petto lacero gli sfuggono le ultime gocciole di sangue grosse e rare quanto le prime della tempesta; il capo, come campo di biada matura alla brezza, di qua, di là tentenna. Intanto dagli atrii sublimi, dalle aperte scalee assorge il plebeo volgo e il patrizio; corruscando dagli occhi il baleno del tigre, deturpata la faccia con osceno scontorcimento della bocca empie di urla e di fremito l’arena: cotesti erano plausi al vincitore più infelice del vinto: ma questi non gli udì o, se gli sentì, non vi attese, che fra mezzo alle ombre crescenti della morte egli vedeva sopra le sponde del Danubio la moglie Dacia occhiazzurra, e il biondo figliuoletto logorarsi nell’agonia del suo ritorno. Non ne riavranno nè anche le ossa533! Orrende cose queste che l’alto poeta cantò e pure non tutte, nè le più truci, cui egli per avventura ignorava o, come credo piuttosto, tacque in grazia del medesimo senso di arte, il quale persuase Timante a dipin-