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e i raggi cocentissimi del sole rendendo il camminare affannoso, il terrazzano scese e si pose a meriggiare all’ombra dell’Asino; allora salta su il vetturale a contrastarglielo volendo ripararvisi egli: quinci la lite. Diceva il primo, che avendo preso a nolo l’Asino, il corpo e l’ombra di lui erano suoi, finchè durasse il dì; ostava il secondo, allegando che non essendo stato discorso dell’ombra, la si doveva considerare non caduta nelle previsioni dei contraenti; epperò esclusa dal contratto medesimo. E qui dato fine al ragionamento, Demostene fece sembianza di partirsi; allora gli Ateniesi, allungate le mani, lo supplicarono rimanesse a chiarirli del dubbio; ma lo sdegnoso con gran voce proruppe: — Sciagurati! L’ombra dell’Asino vi rende attenti, mentre della salute della Patria e di voi siete incuriosi? — Punti dal motto gli Ateniesi acquietaronsi, porgendo ascolto a Demostene, il quale, senza il mio patrocinio, non avrebbe potuto concludere la orazione377.
Il nostro amico Pippo da Brozzi, certo giorno a vespro, stavasene aiato di mezzo agosto in Arno, temperando con l’acqua corrente l’arsura delle membra, quando due gentiluomini, Dolfo di Cosimo e Gino di Coppo, dopo esserglisi posti a destra e a mancina, giocondamente lo interrogavano: — Pippo, di’ su, se noi fossimo due ceste, che ti parrebb’egli di essere? — E Pippo di ri-