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simularlo e nè mi giova: ora odi il come Talete, quel Talete, che per opinione universale era stimato uno dei sette sapienti della Grecia, possedeva un Asino. Parendo a lui virtuoso, come veramente è, crescere per diritte vie la roba, andava esercitandosi nella mercatura; però non consentiva che l’Asino suo gli mangiasse il pane a tradimento, anzi mandavalo tutto giorno in su e in giù a caricare di sale facendogliene mettere a soma grossissimi corbelli. Adesso hai da sapere come dalla salina tornando a casa sua fosse mestieri guadare un fiume durante l’intero anno, qualunque corresse la stagione non mai povero di acque. L’Asino impermalito del peso disonesto e voglioso per altra parte d’insegnare carità al filosofo, giunto in mezzo della riviera vi si tuffa dentro di sfascio e tanto vi sta finchè, strutto il sale, non ebbe agio di tornarsene scosso alla stalla. Il filosofo andò in bestia e prese il guanto di sfida che l’Asino gli aveva dato; il filosofo s’incoccia animalescamente contro l’Asino, e l’Asino incaparbisce umanamente contro il filosofo. — Il primo raddoppia su la groppa dell’Asino carichi di sale, il secondo moltiplica i tuffi in mezzo al fiume; quegli cresce la paga di bastonate, questi gliela baratta in calci. Allora il valentuomo, dato spese al cervello, immaginò una sua nuova