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la sua stagione, nè basta; voglionci eziandio l’aere accomodata e i luoghi disposti. Infatti declinando il secolo decimonono, nel contado di Arezzo certa Madonna nera pel fumo del cammino da un punto all’altro diventò bianca; non ci era da stupirne, ogni settimana le curandaie costumavano altrettanto dei panni sudici, nè ho sentito mai dire che il ranno e il sapone fossero in concetto di miracolosi; ma sul contado di Arezzo ci vollero vedere il miracolo e con quella immagine imbiancata dipinta su le bandiere o trapunta al cappello molte cose brutte gli Aretini commisero, parecchie matte, qualcheduna anche gagliarda. Nel medesimo tempo a Livorno il terreno non si adattava alla materia; i frati Zoccolanti posero sopra l’altare maggiore la immagine di Cristo in mezzo a molti ceri accesi gridando: Miracolo! — Perchè miracolo? domandò un popolano; — e il frate disse; — perchè apre e chiude gli occhi. Allora il popolo entra in chiesa e a chi pareva e a cui no; questi chiama quello matto, l’uno rimbecca l’altro di eretico e la caldaia bolle; mandano senza rispetti a torre via la immagine. Ch’è e che non è? La immagine era delle dozzinali stampata e colorita; pel campo poi sopra un ammannimento di colla avevano sparso litargirio rosso, le faccette del quale riverberando raggi di luce al tremolare delle fiammelle agitate dall’aria