Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/59


57

e dove si raccolga. La tedesca rabbia avrebbe pur dovuto mansuefarsi, imperciocchè gli anatemi avventati dalla giustizia e dalla ragione, è da credersi, che non fossero per ardere meno di quando gli arroventarono la cupidità e lo errore.

— Ma quel tempo è passato, e non tornerà più. Il papa dice alla recisa — io sono il cancro d’Italia e ci vo’ stare; poichè sotto di me non può unirsi nè vuole, io la manterrò perpetuamente divisa, serva ed infelice. —

— Perpetuamente! Questa non è parola conveniente alle lingue che muoiono. Le ale della morte ti si distendono sopra. Tutti i Santi del paradiso ad uno ad uno ti passano davanti e scuotendo le mani contro di te quasi per ispruzzarti di maledizione gridano — muori! — Or via adàttati a morire; imita l’atto onesto di Anna Bolena, che tu pure una volta infamasti baldracca: costei prima di presentare il collo al carnefice si acconciò il lembo della veste, onde nei moti convulsi restasse illeso il matronale decoro. Uomo o donna, che porti sottana, ha da badare, cadendo, non si rivelino allo scherno delle genti le proprie vergogne.

— Lo so, lo so: a te pare che il sangue dei tuoi figliuoli sparso da te ti abbia rinnovato la vita; vanti mancipii due imperii; ostenti trionfi; conviti i popoli a contemplare operato in te il miracolo della Fenice. —