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pure acerbo, ma spumante d’ira, perchè non ci mostrammo devoti al suo decalogo, il quale egli non incideva mica immutabile sopra tavole di pietra, ma confidava sovente come la Sibilla alle foglie volanti. Però avvertito della mala prova fatta dalle sue profezie e dolente, come colui ch’era di retto ingegno dotato, di essersi dipartito dall’antico senno italico, già si affrettava, riandando i passi, a riparare come poteva il male quando lo colse improvviso la morte, che lo rapì immaturo allo affetto degli amici e al desiderio di tutti, lasciando incerta la gente se più avesse ricevuto la Italia danno dalla morte o vantaggio dalla vita di lui; dalla vita, perchè sospingesse il moto italico in tale traviamento di che tuttavia si risente; dalla morte, perchè gli venisse tronco il disegno di raddrizzarla a fine più certo.
— Erano i Popoli d’Italia sul cadere del 1846 in parte maturi, in parte no, ed i maturi non tutti nella medesima guisa, che alcuni facevano così il cruccio delle diuturne offese, l’ardore di possibili vendette, il peso di gravezze incomportabili, gli acerbi dominii, i governi abbiosciati e non pertanto persecutori, il disaccordo maraviglioso di mano in mano avvenuto fra i costumi e il senso dei popoli, ed i costumi ed il senso dei governanti e dei parziali loro; altri, come a modo di esempio quelli della Toscana, dove il governo faceva molto per essere disprez-