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si versava con tutti i nervi sospinto dalla indole battagliera e dalla poca pratica degli umani negozii. Sembra eziandio che poco lo sovvenisse lo studio delle storie o si recasse a studiarle tardi, avvegnadio noi lo vediamo procedere sovente con andatura alemanna, anzichè italica, sostituendo talora la ipotesi alla tesi, la sintesi all’analisi ed ingegnarsi, senza paura di rinnovare la vecchia favola della chimera, di comporre un corpo mescolando insieme metafisica, divinazione e politica. Così un po’ per la calidità della indole, un po’ per lo sdrucciolo (ond’io nell’effigiarlo mi valga delle sue locuzioni) in cui si era messo, per qualsivoglia contradizione s’inalberava, nè pativa dubbio intorno alla infallibilità sua, dacchè il credito dei Profeti poggia sopra la infallibilità ed egli appunto si presumesse Profeta. L’uomo ordinario, il quale s’industria trattare la politica con gli argomenti consueti, può senza danno della sua riputazione confessare essere trascorso in errore o per colpa sua o per quella dei fatti caduti in esame, perchè non compiti o male riportati; il Profeta no, conciossiachè desumendo le sue facoltà da soprannaturale ispirazione, o gliela compartirono i cieli ed egli non può errare, od erra e prova che egli non possiede nulla. Nel primo caso mantiensi sempre uomo; nel secondo vuole comparire arnese in mano di Dio. Però noi lo sperimentammo un giorno non