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in volta una moltitudine di nugoloni, come greggi di anime dannate spinte dinanzi a sè da un mandriano infernale; se ti ricordi come terribili passassero davanti al disco della luna che tutta paurosa sembrava scappare via a scavezzacollo per i campi del Cielo: se queste cose rammenti, ti formerai idea del volto del prigioniero, traverso del quale affollandosi il remolino dei pensieri, ora si abbuiava come pece, ora si schiariva di una luce perlata, ora finalmente splendeva pari al plenilunio sereno: camminava randagio, come se lasciasse ire i piedi, e i passi suoi erano lenti; nella destra portava uno stilo di avorio e nella manca un taccuino dove di tratto in tratto, con pazienza infinita, andava notando gl’interni concetti dell’animo suo. Però, come mostrava prendersi cura diligente del libro mentre lo scriveva, scritto appena non lo teneva più in pregio e lo gittava; sia che egli riputasse lo scritto schiuma del pensiero quando lo fa bollire la passione, epperò cosa da non farne conto; sia piuttosto che, rimanendogli la idea colorita dalla parola tenacemente impressa nella memoria, per disperdere delle foglie non temesse che capitasse male l’oracolo. Io, come Bestia ravviata, non potendo patire lo spreco dei libretti, e parendomi, poichè il prigioniero li gettava via, potermeli appropriare in tutta coscienza gli raccolsi e quelli decifrando a comodo trovai com’egli avesse voltato il turbinio