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dilettassero maravigliosamente il beato Giovanni da Schio quante volte recavansi a visitarlo. Ora accadde, che un tristo servo vinto dalla ghiottoneria arrostisse la poverina ed alla chetichella se la mangiasse. Il beato Giovanni quel giorno venuto in casa al gentiluomo, non vedendo occorrergli secondo il consueto la Gazza festosa, ne muove ricerca e sente come con rammarico grande della famiglia la si fosse smarrita. Allora (dice il giornale veh!) il servo del Signore forse per rivelazione di Dio prese ad aggirarsi per la casa dicendo: — Gazza amica, dove sei tu? — Dallo stomaco del servo proruppe immediata una voce che rispose: — Padre mio, sono qui dentro — e poi a parte a parte narrò tutto il miserabile successo. Quale e quanta la meraviglia degli astanti immagina tu, ma a mille doppii superò lo sbigottimento del servo, avvegnadio la Gazza per parecchi giorni continuasse a favellare dallo stomaco di lui con profitto infinito della salute dell’anima di tutti i fedeli accorsi per udire il prodigio356. Molti saranno per fare, non ne dubito, copiose e dotte considerazioni in proposito: io mi ristringo a due; la prima è che le Gazze parvero a chiunque le cibò pietanza sconsacrata, e la seconda, che il beato Giovanni da Schio poteva ricavare da cotesto successo argomento per predicare al gentiluomo la carità, avvegnadio se il suo servo