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dinale passeggiava, gli si accoppiasse il Corvo mesto in sembiante e con faccia dimessa; la quale cosa dal cardinale avvertita,quasi giuocando lo interrogò: — Quid cogitas, Bestia? (Bestia, a che pensi?) A cui prestamente il Corvo e con parole aperte rispose: — Cogito dies antiquos, et annos aeternos in mente habeo (Penso ai tempi vetusti, e nella mente rumino i secoli, che non hanno fine). Di che rimasto sbigottito il cardinale, e giudicando essere stato il Diavolo quegli, che aveva suggerito le parole al corvo, ordinò gli schiacciassero il capo. Per me che era Asino e’ mi sembrò marchiana che il Diavolo scegliesse per lo appunto un versetto del salmo settantesimo sesto da porre nel becco al Corvo; nè la sentenza suonava diabolica davvero: tutt’altro; all’opposto angelica, e insegnamento notabile al cardinale di fare altrettanto: ma poichè egli stesso dichiarò che il Diavolo fosse, e il Diavolo sarà stato, che a petto di un cardinale io non mi ci posso mettere.
Merita venire riferita anche quest’altra che io trovai registrata nel giornale dei reverendi padri Domenicani. Un gentil uomo di Padova nudriva in casa certa Gazza, dentro la quale tenevano per sicuro avesse trasmigrato l’anima di Marco Tullio: non si potrebbe di leggeri significare con parole il bene pazzo ch’ei gli aveva posto addosso, considerando come le risposte argute di quella