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Esempio imperituro di quanto ardisca la feroce ignoranza della plebe aizzata dall’odio sacerdotale che non perdona mai. L’estremo oltraggio dello schiaffo gli pestò la guancia; la sua fronte sempre serena sostenne il vituperio dello sputo, e lo strazio apparve forse peggiore del danno, voglio dire la canna messagli nelle mani a modo di scettro, il brandello di porpora sulle spalle, quasi regio paludamento, la corona delle spine e il salutare schernevole: — Re dei Giudei, salute! — Mancò la lena alle braccia, non la rabbia alle anime, allorchè cessarono di flagellarlo e su quel corpo fatto tutta una piaga, imposero a portare lo strumento del supplizio; traboccatovi sotto, con la punta delle lancie nei fianchi lo sovvennero; compagni della morte due ladri. E quando nelle angoscie supreme dell’agonia implora refrigerio al tormento della sete, ecco gli spremono contro le labbra la spugna intrisa di aceto e di fiele. Quello che nell’eccesso del suo furore il Diavolo avrebbe appena saputo immaginare, il sacerdote pacato fece; e fama ebbe di pio il centurione romano che con un colpo di lancia nel fianco pose fine allo abbominio. Quali parole uscirono dal petto di quel grande infelice? Una sola; e fu di perdono per coloro che lo condussero a morte, e dalle aperte piaghe volle che il sangue scendesse sul capo ai suoi uccisori