Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/238

236

porre le sue colpe altrui doveva legarsi un sasso al collo e gittarsi in mare.

Udite, in quante guise beneficai la ingratissima razza umana. Il mio polmone bruciato e sparso per casa ne cacciava le Bestie venefiche; gli escrementi misti con olio rosato ed introdotti caldi nelle orecchie ne guarivano la sordaggine ed anche la itterizia, a patto però che oltre all’essere tepidi fossero i primi; l’orina presa sul principiare della canicola levava le volatiche; unita al nardo sanava l’apoplessia; il sego alle margini il colore primitivo restituiva; dicendomi dentro l’orecchio che ti aveva morso lo Scorpione, col fiato io ti cacciava via il veleno da dosso; con la cenere dei miei denti rassodai nelle gengive i tuoi sgominati da qualche percossa; con quella del mio zoccolo temperato con l’olio ti sanai dalle scrofole; faceva bene anche all’epilessia bevuta per un mese a due cucchiari il giorno; il fegato pesto e impastato con miele e prezzemolo pel male del fegato, e all’epilessia se stillato in sugo e bevuto per quaranta giorni alle sei e cinque minuti della mattina; lo stesso dicasi per la infermità della milza; gli argnoni pesti e mescolati col vino giovano alla vescica; il cervello affumicato con foglie di cavolo, i testicoli salati e bevuti nell’acqua e meglio nel latte, la secondina della mia consorte, principalmente se sgravata di maschio; il