sero a lesinare su la nostra: ai secoli che presumeva avere vissuto il Pappagallo dettero di bianco; l’annosità del Cervo, del Coccodrillo, dell’Aquila e del Cigno negarono addirittura; e poichè nella selva di Senlis, regnando Carlo VI, fu preso un Cervo col collare, intorno al quale si leggevano le parole: Cæesar hoc me donavit! (e registrala nel taccuino; dono di Cesare era un collare) il Cuvier bisticciando almanaccò ch’egli era potuto venirci di Lamagna dove gl’imperatori costumavano assumere il nome di Cesare; il Cervo tutto al più vivere quaranta anni. I trecento anni di vita a gran pena acconsentivano all’Elefante, anzi prima ch’eglino portassero le fedi di nascita non li vollero credere. Baia il Luccio preso negli stagni del castello di Lautern il quale mercè una iscrizione attaccata alle sue pinne faceva sapere avercelo messo l’imperatore Federigo 267 anni fa; giunterie i Barbi di 100 anni e la Tartaruga dei Forster vissuta un secolo e più dopo la sua cattura: panzana il racconto dell’Hufeland sul Falcone ricondotto in Europa dal Capo di Buona Speranza con la collana di oro al collo che presentava inciso il motto: a S. M. Giacomo re di Inghilterra, 1610. Io badava ad ammonirli che non si sbilanciassero, perchè sarebbero stati confusi e presto; non vollero dare retta, e quando venne fuori un certo naturalista a ragguagliarci come gli fosse occorso