Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/186

184

gine di Orlèans mi diè per destriero di battaglia a San Dionigi quando precipitò giù dal cielo per sovvenire alla Francia cristianissima; ma io non faccio capitale su questo, conciossiachè quel figuro mi asserisca alato ed io ho già detto che le ali non mi si addicono; e poi non mi giovo dello autore nè del libro, vedendo quivi da lui levare i pezzi di una gloria purissima e imperitura della Francia, a mo’ del maniaco che lacera mordendo le proprie carni.

Timoleonte ormai fatto cieco per vecchiezza, e della Sapienza eterna specchio pur sempre, quante volte mandavano a dirgli i Siracusani che in città venisse per consultare intorno alle faccende della repubblica, era solito muovere di villa tratto da Asini. Che per la via questi gl’inspirassero i concetti, i quali poi erano trovati nei comizii migliori di tutti, può darsi; ne ho anche dubitato poco anzi in proposito di Celestino papa, ma non lo posso assicurare; piuttosto assicuro questo altro, che sebbene Plutarco raccontando il fatto taccia se i vettori della benna di Timoleonte fossero Asini o Cavalli, ell’è cosa notoria come a quei tempi in Sicilia non istanziassero Cavalli; ci andarono più tardi e generosi così, che vinsero in Elea, e Pindaro li celebrò da quel poeta ch’egli era: nonostante però la sopravvegnenza dei Cavalli, gli Asini si mantennero nella Sicilia in maggiorità, ed io ce la lasciai, illustre