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nati, crescere, maturare, declinare e morire; però, quanto più hanno vissuto, più si accostano al termine; ciò posto, guardati da barattare un trono nuovo con altro rosicchiato dai tarli del rancore, della vendetta, della paura e dagli altri infiniti che Dio manda a rodere inevitabilmente i troni dei tiranni della terra.
Mi rincresce proprio pei Francesi i quali, a tempo mio, nel bandire le strepitoso virtù che Dio aveva diluviato addosso a loro lanciavano campanili fino alla Luna, ma io non posso astenermi nè voglio da rammentare che lo imperatore Carlo V soleva chiamarli alla scoperta Asini, e ne disse il motivo: però ch’egli gli avesse veduti sempre obbedire servilissimamente a chiunque saltava il ticchio d’inforcarne il groppone260. E che sia così, lo conferma il caso accaduto in Toscana nel secolo decimottavo, il quale fu questo: certo marchese, non mi ricordo il nome, vantando alla presenza del granduca Giangastone dei Medici l’affetto sviscerato che ogni francese sentivasi per natura disposto di portare al re, aggiunse ch’essendone stati sparati parecchi, avevano conosciuto come fossero usciti al mondo coll’arme del re (che allor faceva fior di giglio) impressa nel cuore. A cui Giangastone, gran maestro di argutezze, rispose: che se per gli altri era cortesia credere questo fatto, a lui poi ne correva obbligo,