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masero a dirlo, ma fabbricarono tutto l’arzigogolo delle leggi; grottesco edifizio, monumento di riso inestinguibile, se in fondo ad ogni titolo, di delitto, gli uomini, per temperarne la buffoneria, non avessero posto il carnefice, come il gloria Patri alla fine dei salmi. Guarda e vedrai che l’azione stessa fu o non fu delitto, secondo i tempi e i luoghi; nè basta: fu delitto o gloria, secondochè la benediceva o la malediceva la Fortuna; però Diomede, pirata caduto nelle mani dei Macedoni e tratto davanti ad Alessandro, gli disse in barba: — ora che tiro fu questo di farmi arrestare? Perchè con una sola nave io mi procaccio la vita mi vuoi chiamare pirata e tu che rubi il mondo con grosse flotte pretendi il nome d’imperatore? Rovescia la berretta e pensa che tu saresti Diomede se io fossi Alessandro; inoltre bada ch’io rubo per malignità di fortuna ed angustia di averi, mentre tu arraffi per agonia di fasto e per non saziabile avarizia; se il mio stato migliorasse, quasi quasi potrei cimentarmi a promettere che diventerei galantuomo; almeno mi ci proverei; ma tu quanto più ti empi hai fame.
Alessandro che, preso pel suo pelo, in ispecie quando non aveva bevuto, era dolce come pasta di zucchero, gli rispose: — Dunque, se vuoi rubare in pace, vieni a rubare con meco — e lo promosse a grado cospicuo