bassò avesse avvertito che in cotesto giorno avrebbe fatto la predica su lo inferno, nè l’esito comparve minore all’aspettativa: terribile rimbombava per gli angoli del Tempio la voce del padre, che a parte a parte raccontava le terribili cose che si trovano a casa del Diavolo: udivasi un singhiozzare promiscuo, un picchiare di petti e il digrignare dei denti come fa l’uomo sorpreso dalla febbre: di botto alla paura succede il riso; i singulti, le percosse, lo stridore cedono il luogo alle esclamazioni gioconde, ai cachinni, ai folli segni di gioia sconfinata; il predicatore teme qualche tiro diabolico e si versa fuori del pulpito con gesti minacciosi, la voce ingrossa, manda tutti all’inferno. Gli è tempo perso; quanto più egli sbracciasi a bociare e a pestare il davanzale del pulpito, tanto l’uditorio prorompe in risa irrefrenabili. Causa del baccano era la Scimmia, che scesa di casa dal balcone aveva quatta quatta seguito in chiesa il padre Cabassò e dal baldacchino che sta sopra il pulpito, dove erasi appollaiata, accompagnava o a meglio dire rendeva tali e quali i fieri gesti del padre pur troppo convenienti allo spaventevole soggetto. Sicuro eh! Non mancheranno dottori per opporre che le Scimmie non sono gente da predicare su i pulpiti; e posto che dicano bene, rimarrà vero pur sempre che la Scimmia educata dai padri Gesuiti nel sentimento della vera