Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, II.djvu/120

118

Giovanni rispose che volentieri si saria preso quel carico, e poi toccato il tasto della mercede sentì profferirsela così spilorcia che non per condurre un quadro grande a colori, ma nè anche sarebbe bastata a scialbare una muraglia. Giovanni, udendo la fratesca improntitudine, non mosse ciglio, e come quello che era assai strano umore, accertò il frate, stesse di buon animo, che avrebbe fatto mirabilia: anzi, siccome voleva condurre l’opera proprio con amore, per evitare che gli andassero a rompere il capo sul lavoro, poneva per patto che la parete da dipingersi circondassero intorno con un assito il quale fosse calafatato per modo da non lasciare adito ad occhio curioso, e questo chiuso di porta di cui la unica chiave gli si consegnasse. Al priore non parve vero di consentire a un tratto le condizioni proposte, e il maestro senza altra dimora mise mano al lavoro, intorno al quale con tanto gusto si affaticò che in pochi giorni l’ebbe condotto a termine; allora si levò quinci insalutato hospite non si facendo più rivedere al convento: i frati aspettarono una settimana, ne aspettarono due, poi non potendo più stare alle mosse dettero voce ai popoli dintorno che la domenica di Pentecoste dopo la predica si sarebbe scoperto il devoto dipinto della carità dei frati. Venuto il giorno, adunata inestimabile copia di gente, posero mano a demolire l’assito e scuo-