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come praticavamo in Toscana con gl’impiegati; i quali però non avevano portato sassi e calcina, nè cosa alcuna che per mia notizia da vicino o da lontano giovasse ad innalzare il tempio della Sapienza205.
Considerando come ai poveri mortali approdasse meglio professare religione fallace che restarne senza, conosciuto eziandio come fosse da anteporsi ch’essi facessero ai Numi offerte strane all’astenersi da tutte, consentii di cuore che le membra de’ miei cognati sopra gli altari sacrificassero. Gl’Iperborei pertanto, gratissima vittima ad Apollo, immolarono gli Asini che, per testimonianza di Erodoto, di Strabone e di Aristotele, in coteste contrade a quei tempi si vedevano di rado. Ai tempi miei all’opposto vi se ne incontrava copia, e tuttavolta l’uso di sacrificarli continuò compensando il manco del pregio coll’abbondanza del numero, come vedemmo nella impresa di Sebastopoli; però che gl’Iperborei si reputassero dai periti delle memorie antiche atavi e nonni dei più moderni Russi. Dagli Egizii fummo offerti a Tifone206 e ad Iside207, dai Latini e dai Greci a Marte, a Priapo, a Bacco e al Dio Conso208. I Germani ci assegnarono a Plutone, in ispecie i Boemi209, i Galli a Cibele210.
Però io metto da parte coteste fedi della mia religione, come cose da me piuttosto sofferte che volentieri consentite: di vero quel