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di Dii ottimi massimi, ma eziandio a qualsivoglia maniera di superiori devoto, prosternandomi davanti a tutti, tutti servendo, di tutti sopportando le percosse senza lamentarmi mai di veruno, senza neppure informarmi quale il Nume si fosse e quale il Signore, donde venissero, dove andassero, se mutassero, e mutati come si chiamassero, bellezza ideale della obbedienza ceca e passiva che ogni Asino di garbo deve onorarsi di professare e che i principi non hanno mai potuto conseguire dai popoli se non in quanto per virtù dell’acqua e del bastone gli rendessero a noi conformi: nella quale opera (tolga Dio che da me si defraudino dell’encomio dovuto i meritevoli!) i principi ai tempi miei con bella sollecitudine molto virtuosamente si adoperavano dintorno ed anco talora con frutto. Questa prudenza mi procurò il sodalizio di Sileno che fu balio discreto del Dio Bacco, il quale mi scelse per suo segretario nel modo stesso che santo Antonio abate usò col Porco; di cui il santo ebbe tanto a lodarsi che, morto quello, non trovò chi gli stesse a dettatura. Pallade Minerva per la medesima virtù mi tenne caro così, che mi elesse con architetti e maestri nell’arte loro mirabili a fabbricarle quel suo famoso tempio in Atene, onde, quantunque tuttora io mi sentissi intero di forze, il popolo ateniese, grato alle onorate fatiche, volle giubilarmi appunto