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— Miei riveriti colleghi morti e sepolti, cessate dal rammaricarvi. Piacciavi ricordare, che una volta il miglior pregio dei morti era starsi cheti nei loro avelli, e così piacevano. Non lice ai morti per bene mostrarsi queruli, sussurroni e irrequieti. Rimanetevi in pace, che andrò io a speculare le cose a mio rischio e pericolo.
E terminato il discorso, erpicandomi, con le braccia giù per le rame del finocchio sperticato, mi lasciai sdrucciolare bel bello un terzo di miglio, e vidi....
Che cosa vidi?
Un occhio grande quanto porta San Friano, e infuocato e sanguigno come sole in procinto di tramontare, un naso largo troppo più del padiglione conquistato dal maresciallo Bugeaud contro i Marrocchini alla battaglia d’Isly insieme all’ombrello famoso, i quali ambedue arnesi costarono a quello arguto popolo di Francia non so quante vite e quanti milioni, e non gli parve caro.
Si ha da credere, che il mio carcame, comecchè in forma di bruscolo recasse prurigine o spasimo al possessore di cotesto occhio insanguinato, imperciocchè con un bat-