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delle testimonianze, autorevoli non meno che copiose, le quali facevano indubbia la mirabile storia, si levassero increduli, che la sberteggiarono mettendola ad una stregua col famoso catino di smeraldo, tutto di un pezzo, conservato un tempo nel tesoro di san Giorgio a Genova, dentro il quale affermano, fosse presentata ad Erodiade, mentre stava a cena, fra le altre frutta la testa mozza di san Giovanbattista. Di vero questo arraffarono i Francesi, e portatolo a Parigi, mediante le industrie chimiche chiarirono null’altro essere che vetro colorato. Su di che mi si porgono alla mente due bellissime considerazioni, che vale il pregio di esporre; la prima delle quali è, che per conoscere se smeraldo fosse il catino ci fu bisogno di cimento chimico, ma se la pelle fosse d’Asino, no; che i Membri chiarissimi dello Istituto di Francia, vedutola appena caddero tutti d’accordo nel giudicarla, avvegnadio pelle di Asino senza tanti arzigogoli da se stessa a colpo d’occhio si palesi; la seconda considerazione rileva assai più, e consiste nel credere, che il catino fosse in sostanza smeraldo vero, ma che il Signore abborrendo, una tanta ricchezza capitasse tra gli artigli dei repubblicani (il pendolo francese, per quel secondo, dalla tirannide monarcale aveva oscillato alla tirannide repubblicana), lo convenisse allora miracolosamente in vetro verde, per restituirlo poi al pristino stato di smeraldo