Pagina:Guerrazzi - L'asino, 1858, I.djvu/213


209

quale invece di menarmi alla stalla, me repugnante invano, immise nel Tempio. Cornelio Tacito, nel quinto libro delle storie riportandone la cagione, dice, che fu per gratitudine, avvegnadio gli Asini salvatichi insegnassero a Moisè nel deserto le sorgenti dell’acqua. Secondo la opinione dello storico romano, non per opera di Dio, ne per virtù della verga sgorgò la fontana dalla pietra di Oreb, bensì degli Onagri, i quali spaventati dalla moltitudine degl’Israeliti, ripararono in certe loro grotte poste in luoghi ombrosi ed umidi, dove Moisè, scavando, trovò facilmente copia di acque. Su questo io non dico sì, nè no; chino la testa.

L’autorità, da qualunque parte ci venga, è molto terribile cosa: io per me penso, che la ritragga il roveto ardente di Moisè, il quale toccato scottava, e affissato acciecava. Un dotto sacerdote predicando alle turbe intorno alla venerazione dovuta all’autorità, esponeva: — fra gli altri esempi addotti a persuadere l’eretico Giovanni Huss, vera razza di vipere, onde al diritto scelleratissimo della ragione renunziasse e l’autorità a chiusi occhi reverisse, gli citarono quello di una santa religiosa, la quale, mentiti abiti maschili, essendosi introdotta in convento, fu presa ed incolpata di avere incinto una monaca; ed ella tacque, persuasa, giovare meglio alla esaltazione della Chiesa la