De Gasparis. Il tabacco in polvere per mantenersi il credito acquistato e procurarne del nuovo, accortosi dove pizzica ai preti, si trasformò in regalia e poi in appalto con esclusiva, e con questo venne a gratificarne l’avarizia; si arrampicò pei nervi olfattorii, e su in cima solleticando il cerebro inerte, sostenne lo ufficio di sentinella, affinchè il prete non si lasciasse cogliere alla sprovvista, e lo tenne caro la furberia; si convertì in tessera di amicizia profferendosi a braccia quadre a tutto uomo, avvegnachè il tuffare che fanno due creature le dita nella stessa scatola, le stringa nella medesima fratellanza, che la coppa del sangue bevuto legò Cetego a Catilina o poco meno, e piacque alla lusingheria, arte che i preti impararono dai Gatti. All’apoteosi del tabacco in Roma non mancava altro che la testimonianza di onore per parte dell’erede di San Pietro, ed anche questo egli ottenne. Narrasi che un reverendo padre francescano si recasse certa volta a baciare i piedi al papa, che credo fosse Sisto V, ma non lo so di certo. Alternando fra loro dotti e bei ragionamenti al papa cortese venne fatto di offrire tabacco al padre francescano, il quale Zotico, come la più parte di quelli del suo Ordine sono, ricusando toccarlo disse: — Santità, non ho questo vizio. — A cui il papa, sentendosi morso, con carità cristiana rispose: — Frate furfante, se fosse vizio tu avresti anche questo.