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Mirig. Cielo, terra ed inferno ai danni del tabacco o vuoi da fumo, o vuoi da naso congiurarono.
Ora principia la seguenza delle contraddizioni, e si principia dalla Chiesa. Il papa, visto che, nonostante i monitorii e le scomuniche, il tabacco faceva capolino alle frontiere, chiude un occhio, e quello entra di straforo tenendo un piè levato e la barba sopra la spalla; indi a breve butta via il muso di Rospo di peccato mortale, poco dopo spoglia anche le farfallesche ale di peccato veniale, profumasi, attenuasi, la forma del fumo abbandona (ingrata ricordanza ai pontefici), e sotto quella di polvere s’insinua nell’aula dei vicarii di Cristo. Nè stà molto che salta sul tavolino papale, e domiciliato in ricco albergo di oro e diamanti si mette senza cerimonie a canto del campanello che chiama nunzii e legati, i quali portano le temute e a un punto riverite bolle per le cinque parti del mondo; del calamaro, vulcano di onda nera che di tratto in tratto s’infiamma, e corrusca fulmini di anatema; del sigillo del Pescatore, misterioso arnese che costringe la volontà di Dio a calare in terra a modo di favilla elettrica tirata giù pel conduttore metallico; e documento solenne a non disperare giammai, di maledetto e scomunicato, ecco splende sul velluto cremisino del tappeto pontificio, quasi pianeta scoperto di fresco dall’astronomo