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nell’esercizio delle arti. E come se questo fosse poco, Leibnizio, rotto il barbazale, bandì nei Saggi sopra l’umano intelletto, che avendo confrontato certi uomini con talune bestie, gli era paruta insolenza gravissima sostenere, che i primi possedessero bontà di giudizio superiore a quella delle seconde; ond’è che forte su questa sentenza avendo una volta sentito dare dell’Asino a certo procuratore generale, stetti lì lì per accusare d’ingiurie l’autore del paragone callunnioso. E se me ne rimasi, non fu per volontà, bensì per amore di certi Asini prudenti i quali mi persuasero, che i giudici zelando l’onore del collegio mi avrebbero senza fallo dato torto, onde io mi strinsi nelle spalle, e per non fare scandalo lasciai correre il paragone.

Adesso per tornare a Leibnizio io vi ho da dire, com’egli arroga a questo, quasi articolo di fede, che la Bontà divina vorrà rimunerare le bestie nella seconda vita a stregua dei meriti loro, ed affinchè non paia questa sua opinione a certi fisicosi malsonante od eretica, egli cita un opera di certo solenne maestro in divinità messa fuori con