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capitolo xx. |
Di questa ragione salmi finiscono sempre col solito gloria; fecero del ben bellezza, sicchè in capo ad un anno del sacco rimasero loro appena le corde; ma il bertone, innanzi di vederne il fondo, arraffato il buono e il meglio, si tirò al largo, nè se ne seppe più nuova; alla donna parve toccare il cielo col dito tombolando nelle mani di un imprenditore di pompe funebri; costui sperava cavarne presto uno scheletro per decoro dei catafalchi; campando ella oltre l’aspettativa, la sgabellò a un oste; l’oste a un carrettaio; qui di vettura privata diventa omnibus, e così di male in peggio: allora dà di una stincata al sifilicomio, n’esce, ci torna, lasciando via via nuove offerte al tempio, una volta i capelli, un’altra i denti, ora un occhio. Poco prima della famosa rivoluzione dei Comunardi a Parigi fa vista bazzicare il Boulevard des Italiens, dove vendeva fiammiferi. Parecchi italiani la conobbero e udirono da lei la storia del conte, arrapinato, pestare i piedi e svellersi i capelli quando Venere, appoggiato il pollice destro sotto il naso, gli faceva ventola con la mano aperta. Qualcheduno ne scompisciava dalle risa; i più, tentennando tristamente il capo, mormoravano: ecco i grandi uomini partoriti pei piedi dalla monarchia.
Tutti però le davano il soldo.
Forse ella, nel portare l’acquavite o il petrolio ai combattenti, sarà rimasta morta; o forse il governo