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capitolo xx. |
— E dei giurati chi mi garantisce?
— Oh! i giurati sono bestie educate; o paglia, o avena, mangiano tutto quello che si mette loro davanti.
— Il tuo consiglio è falso, ripiglialo indietro e barattamelo qui sul tamburo con un altro che si possa spendere ed abbia miglior suono.
Il presidente, ormai al verde d’ogni rimedio umano, voltava gli occhi al cielo per qualche ispirazione divina, ma la Provvidenza gli si manifestava sotto l’aspetto poco lodevole di travicelli al palco, sicchè non rinvenne miglior partito di quello di raccomandare l’anima a Dio. In questo punto, per somma ventura del malcapitato, si spalanca la porta e comparisce l’usciere, che presto presto favella:
— Con licenza dell’illustrissimo signor presidente, avviso l’illustrissimo signor commendatore regio procuratore qualmente l’illustrissimo signor prefetto abbia mandato al suo ufficio l’illustrissimo signor consigliere di prefettura Inutili per consegnargli un plico urgentissimo in sue proprie mani.
E’ sembra che l’usciere avesse imparato a favellare in isdruccioli da qualche personaggio delle commedie dell’Ariosto. Il presidente, colta la palla al balzo:
— Vada subito, commendatore, disse, la non si lasci aspettare, il cor mi dice: il suo soccorso è nato.