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capitolo xxiv. 401


parole più perfide assai dell’acquavite, come: gloria, onore delle armi e decoro della bandiera, le quali insomma adombrano vanità e cupidigia di un feroce spesse volte codardo. Nerone, senza lo aiuto di Epafrodito scrivano, non sarebbe giunto ad uccidersi; a Napoleone I non riuscì avvelenarsi. Nelle guerre civili tu sai quali offese vendichi, perchè combatti, che vuoi; l’odio ti arma la mano, chi ti tormentò tormenti; applichi la pena del taglione; dente per dente, occhio per occhio; le truci passioni che t’infuriano in petto, se non giustificano il male che fai, lo spiegano. Come possiamo augurarci di ristorare la fortuna pubblica d’Italia senza fallimento? Il giorno che terrà dietro alla bancarotta sarà preceduto dall’aurora della risurrezione del credito nazionale. Cittadinanza marcia e amianto sudicio si lavano col medesimo bucato: bisogna buttarli sul fuoco. Come rinetterete le strade delle città dalla marmaglia dei rettili, se non per via di un diluvio universale? Non per questo ci dobbiamo perdere di animo, perchè ogni diluvio termina coll’arco baleno, annunzio di giorni più sereni. I popoli non muoiono; dopo gl’incendi le città si rifabbricano più belle; testimonio Roma dopo Nerone, e Mosca ai giorni nostri dopo Ropstokin. E tu, Curio, che ti triboli perchè la fortuna ti abbia sbalestrato fuori della tua patria, esulta; tu non avrai desiderato, nè promosso, nè preso parte ai giorni di lutto