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capitolo xxiv. | 389 |
Damiano, ma in terra, bisogna convenirne, approdano meglio le vacche. A certo ricinto vastissimo, dove la notte riduceva i bovi, impartì il titolo di Foro Bonaparte, e ad altre fabbriche l’Arco del Sempione, la Scala e via discorrendo. La contrada intera con rito solenne appellò Italia.
— Italia; e vedano, signori miei, aggiungeva con ghigno mordace, questa traslazione non mi costa proprio nulla, dacchè le signorie vostre sapranno, e se nol sanno lo imparino, la patria nostra ab antiquo andò distinta con diversi nomi, i quali furono Gianicula, Enotria, Camesena, Saturnia, Esperia, Ausonia, e per ultimo Italia; di tutti questi le rimase Italia, perchè gl’italiani chiamarono i bovi itali, e per converso i bovi barattarono il nome con gli italiani. 1 Per le quali ragioni e cagioni, a noi altri meritamente dura, ed ogni giorno meglio si conferma, il nome d’italiani; ne fa caso che gl’italiani parlino ed i bovi no, dacchè a squattrinarla da vicino, tra il favellare dei primi e il muggire dei secondi non ci corre un tiro di cannone: e poi, o chi ha detto che i bovi non parlano? Parlano benissimo, e ce lo afferma Tito Livio, ch’è quel solenne storico padovano che tutti sanno: tra
- ↑ Festo Varrone, De Re Rus., l. 2, c. 5. Columella, De Re Rus., l. 5, nec dubium quin ut ait Varro ceeteras pecudes bos honore superare debeat, praesertim in Italia quæ ab hoc nuncupationem traxit.