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l’agonia, veruno ti chiuderà le palpebre, o ti dirà il vale estremo. Per me gioco la testa contro un cocomero, che i morti con la gargana del deputato Massari1 risponderanno ad una voce: — Lasciateci in statu quo, intendiamo e vogliamo rimanere morti. — Eppure questa è la vita che ti sei fatto, o Efisio. Se ti fossi conciato come Origene propter regna coelorum, io lo sopporterei con pazienza, ma ridurti, come hai fatto, la vita in vetri rotti per camminarci su scalzo la via dell’inferno, questa io la giudico tale una rabbia contro di sè, che ogni altro tormento mi comparisce un ninnolo...

Qui chinò il capo sul petto e ce lo tenne alquanto; j)0Ì, rialzatolo, a un tratto esclamò:

— Eppure a tanta ruina tu potresti riparare con una sola parola. Dopo il Creatore a te solo è concesso con una parola ricondurre la luce dove hai chiamato le tenebre, ripopolare di stelle il firmamento per tua colpa abbuiato; una parola... una sola parola, e il lago tornerà a riflettere gli azzurri sereni del cielo. Che ti arresta? Dubiti forse del tuo perdono? Io mi ti offro mallevadore che la tua Artemisia, che il tuo Gavino ti perdoneranno; ti perdoneranno, perchè è bello per l’uomo pronunziare

  1. Giuseppe Massari, una maniera di feto mostruoso della libertà, che merita essere impagliato e conservato in qualche museo per servire alla storia naturale della monarchia temperata del regno d’Italia.