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capitolo xxiii. 325


— Sì signore, da ammazzarsi come serpenti a sonagli; che se, sbalestrati nell’altro mondo, non riuscisse loro trovare la via del paradiso, la colpa non sarebbe nostra. Non le pare, padrone?

— Io mi dichiaro puntualmente del suo avviso, gli rispose il vecchio, che prosegui volgendo il discorso ai compagni: — don Patricio, aprite la porta di mezzo; — fuori di conserva, e dopo sparate le carabine diamo mano alle sciabole e scagliamoci su cotesti mar... voleva dire cristianacci.

Filippo, avendo udito quelle parole, pensò; a cui comanda non duole il capo; il tempo degli slanci è passato per me; io mi costituisco dietroguardia, per dare, dove occorra, il colpo di grazia, ovvero proteggere la ritirata.

La porta si spalanca e ne prorompono fuori gli assediati; il primo avviso furono quattro palle, che andarono a ficcarsi nelle carni degli assalitori; e poi addosso: al comparire che fecero all’improvviso costoro, gli altri non ressero, molto più che temerono restare oppressi dal numero; da per tutto vittoria, eccetto in un punto, dove la prospera fortuna ebbe a tornare in tristo lutto; ed ecco come: il vecchio, venuto all’aperto, s’imbatte in colui che l’aveva percosso nella faccia a Colombo e lo riconosce al chiarore della fiamma; acceso d’ira si avventa saltando e ruggendo come.... appunto come la pantera e l’orsa sue; però che l’uomo inferocito,