Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
capitolo xxiii. | 317 |
i peli del muso, e con soddisfazione scambievole ricambiaronsi lezi e carezze; iterate tre volte e quattro le gentili accoglienze, l’ospite offerse all’orsa pannocchie di maiz abbrustolite, ch’ella parve gradire moltissimo, essendosi messa immediatamente a sgretolarle come se fossero cialdoni; alla pantera distribuì parecchie braciuole di montone, che ella accettò con gradimento punto minore.
Curio e Filippo sentirono loro malgrado pigliarsi da uno sgomento, che paura non si poteva dire, bensì un desiderio di mano in mano più intenso, che coteste belve se ne andassero pei fatti loro; ma l’ospite, dilettandosi dello imbarazzo dei nostri amici, vôlto ad essi con allegra faccia favellò:
— Signori, sembra che voi non siate usi a corteggiare dame, perchè a quest’ora voi non avreste mancato di offerire i vostri convenevoli a questo signore.
— Vi siete apposto alla prima: noi siamo vaghi di femmine come il cane delle mazze.
— Queste dame, quantunque non battezzate, sono use a rendere bene per male; quindi per insegnarvi carità e gentilezza verranno da voi a presentarvi i loro complimenti.
— Ci fareste grazia di avvisarle che oggi le dispensiamo; sarà per un’altra volta.
— Scortesi! Contessa, marchesa, consolatevi; chi non vi vuole, non vi merita; e poichè a trattenervi