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capitolo xxiii. | 315 |
fende il cuore al padrone, e poco dopo è impiccato anche lui; ovvero gli preme, e chiamato il padrone in disparte tale gli favella succinto:
— Consiglio vostra signoria a vendermi senza perdere tempo, perchè l’avviso che, tenendomi presso di lei, prima che domenica arrivi io avrei pensato di tagliarle la gola.
Allora il padrone non si tiene le mani a cintola, si dà moto dintorno per disfarsi del peone come di cavallo che abbia il tiro secco. Da questo in fuori non ci è verso che uomini bianchi vengano a servirvi per salario; non li emancipo perchè ho bisogno di loro, ed affrancandoli non si fermerebbero meco nè anche un minuto; ma da loro non esigo lavori servili, li tratto co’ riguardi che meritano; hanno mensa e stanza separate dagli altri; da me solo dipendono; non diffido, ma neppure mi addormento in grembo a loro, e fin qui li ho riscontrati puntuali. Quanto a coraggio non preme parlarne; mangerebbero il fuoco. Oltre queste difese che vi ho detto, avremo di rinforzo due signore, le quali fanno grazia accorrere in mio soccorso quando le chiamo; confido che anche voi le avrete a commendare per buone e per belle; io non le baratterei con le Camille, le Pantesilee, le Marfise antiche, nè con la moderna nostra Scannagatta; è provato che scendono da nobile sangue, onde noi chiamiamo una contessa e l’altra marchesa; qualora