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276 | il secolo che muore |
dell’aceto fu ristagnato; e se togli l’occhio infaonato, il naso gonfio e un forte senso di bruciore nella fronte, non rimase altra traccia di battaglia sopra la faccia del vecchio.
— E adesso, signore, che cosa pensate di fare? domanda Curio; e l’altro:
— Penso tornarmene al mio ranchero; tanto fino a domani l’altro, e sarebbe bazza, il battello non può essere restaurato; di cavalli non patiamo penuria; in cinque minuti ne trovo due per voi; qui presso pasce il mio, e se gli mando un fischio mi comparisce in men che non balena davanti: affrettandoci, fra due ore ci possiamo trovare a casa.
— Signore, dalle vostre parole ricaviamo come voi intendiate menarci a casa vostra; della cortesia gran mercè, ma noi, con vostra licenza, abbiamo deciso rimanerci qui, finche l’Erebo non sia risarcito.
— Ed io non vi do nè devo darvi questa licenza; perchè voi non conoscete con che schiuma di ribaldi l’abbiate a fare. I nativi del paese e coloro che mi offesero sono tessiani puro sangue, vanno composti per un terzo di ferocia ereditata dai selvaggi cannibali, per un terzo d’ipocrisia infusa gratis dai preti nella loro anima, e finalmente per un terzo di rapina, istinto loro naturale educato da Cortez, da Pizzarro, e un po’ anche dal generale Jackson, presidente della Unione. Guai a