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capitolo xxiii. | 297 |
dal lato di mare, sia dal lato di terra: allora tutti noi altri abitatori della contrada, disperati, levammo gli occhi al cielo gridando: consumatum est! Ora sa ella chi furono coloro che in cotesti tempi facevano fuoco nell’orcio, onde noi, armata mano, a cotesta abolizione contrastassimo? Gli americani, che accolti ospiti nel 1821 in numero di trecento sotto la scorta di Stefano Austin, vi si erano allargati come la macchia dell’olio: anzi, sopportando molestamente che gli animi non procedessero accesi a forma della loro impazienza, proposero al governo del Messico di comprarci a contanti, ma quello non ne volle sapere. Ora donde tanta smania di dominare su di noi? Eccogliela pronta: per mantenerci la schiavitù, imperciocchè il Texas fosse per essi un mercato dove smaltivano lo scarto dei negri della Carolina Meridionale, della Virginia, dell’Arkansas, del Missuri, del Tennessee, non che per avvicinarsi alle miniere e all’Oceano Pacifico.
— Tutto questo può darsi; anzi è.
— Gli americani, scottati nel proprio interesse, non sapendo più dove ripiegare coteste sferre di negri, ci aiutano addirittura a ribellarci dal Messico: uniti vincemmo in vari scontri; per ultimo, superati i nemici nella battaglia di San Giacinto, rotto Santanna, e prigione del generale Houston, avemmo pace e ci legammo con gli Stati Uniti, co’ quali vivemmo di amore e d’accordo godendoci