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258 | il secolo che muore |
liano quando la ventura glie lo fa incontrare in luogo lontano dalla patria? Orgoglio! orgoglio! Il poeta ha detto:
. . . . . . . . . . . . regale è cosa |
ma io innanzi tratto mi professo popolano, nè voi, chiedo scusa, non mi parete tagliati dal legno onde si fanno i duchi; a noi pertanto corre il debito di aiutarci; e non ho mai sentito dire che la ospitalità umili l’ospite; certo questa non è casa mia, ma come pubblica posso esercitarvi ottimamente l’offizio della ospitalità.
Le parole sapevano di brusco, ma così dolce le temperava la soavità della voce, che i nostri viaggiatori gli tennero dietro senz’altro parrole.
Dentro la baracca stavano disposte quattro tavole per lungo; in fondo, in luogo più eminente, una per traverso; dietro a questa, anche più in alto, un pulpito con allato una campana di bordo. Sul pulpito faceva bella mostra di se il capitano vestito di nero con la cravatta bianca; la sua destra guantata pure di bianco teneva la catena della campana. Le mense spoglie di tovaglioli, bocce e bicchieri; un solo piatto per uomo, ed una sola posata: sopra le mense a mucchi carote, cipolle, patate e batate, pannocchie di maiz o granturco bianco, rape, navoni ed altre siffatte galanterie.
— Attenzione! urla il capitano. Adesso incomin-