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capitolo xx.


quarta volta... Ci voleva tanto a capirla! Allora chinò il capo sul petto in sembianza di fiat voluntas tua. La udienza rimase sospesa.

Dopo un’ora tornava Fabrizio a ripigliare l’accusa, ma eheu! quantum mutatus ab illo, non mica ch’ei rimettesse uno scrupolo della sua asperità; all’opposto, la crebbe, ma la voce gli negava il consueto ufficio, si sentiva spossato, sicchè inerti gli pendevano giù le braccia; andò avanti a modo di orologio a cui si sia rotta la catena. Dopo avere esposto come nella sola Francia, secondo le statistiche dell’anno passato, Vl’adulterio avesse prodotto sette avvelenamenti, cinque assassinii, due incendi, cento divorzi, quattordici amniazzamenti di mogli e di amanti da mariti oltraggiati, disse constare del delitto: non impugnarlo gli accusati colla voce, confessarlo col rossore e col pianto. Lodevole certo il pentimento, ma di questo, tardo venga od issofatto, non si appaga la società offesa; di una cosa sola dolersi, ed era trovare la legge troppo mite in simili casi; tuttavia punite, signori giudici; certo la pena dal nostro codice sancita contro l’adulterio non preverrà la rinnovazione di questo delitto; pure il mondo sappia che per voi non andrà invendicato; punite, e poichè nel caso nostro il codice non può essere una scure, sia una verga di ferro. Tanto da voi chiedono morale religiosa e morale civilo, e tanto vi persuade la salute delle vostre famiglie o