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capitolo xxiii. | 265 |
ma per tenerla ferma... sono così fragili coteste faccie pallide! Non volle la femmina più tornare in sè: io giudico lo facesse per dispetto. Ahimè che angoscia!
La femmina strappandosi i capelli urlava a sua posta:
— Soli, poveri, ignudi, vecchi, ahimè che angoscia!
— E perchè non morite?
— Perchè ci hanno condannati a vivere.
— Non è vero; nessuno può impedire all’uomo la morte; o questi non sono alberi, e non è fune questa? Le acque del Colorado non corrono rapide e profonde al mare?
— Impossibile! Ne andrebbe della salute dell’anima; così ci hanno insegnato i reverendi padri missionari, e vostra signoria comprende che, dopo avere sofferto pene da cani in questa vita, non ci mancherebbe altro che andare a patire pene da serpenti nell’altra.
— Ma se la morte fosse sonno unicamente, tutto sonno, e tu ti avessi ad addormentare per non destarti più, dimmi, acconsentiresti a dormire?
— Cora, senti, la faccia pallida ci domanda se vogliamo addormentarci senza svegliarci più. Ti contenti di dormire sempre?
— Magari! Sempre, sempre dormire.
A Filippo non resse più il cuore di sopportare