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capitolo xxiii. | 257 |
— Il come ignoro: piglia ricordo del giorno e dell’ora, ed a suo tempo lo riscontrerai.
Se Filippo quello che disse credesse, o piuttosto il facesse per purgare l’animo dello amico dalla tetraggine che gli si era cacciata addosso, non saprei, fatto sta che Curio prese nota del caso, e gli si ravvivò lo spirito come lume per nuovo olio versato nella lucerna, — e insieme con lo spirito i sensi da lungo tempo inerti ripresero la consueta alacrità.
— Raccattiamo dunque il bordone, disse Curio, e proseguiamo il pellegrinaggio: intanto seguirò il tuo consiglio, allontaniamoci dallo alligatore, che se ci vedesse non ci concederebbe andare un tratto per la via.
— Giusto, era quello che pensava ancora io, perchè tanto, dinne quante vuoi, gli uomini meglio dei coccodrilli saranno sempre.
— Quod est vìdendum, Filippo; — conchiuse Curio, ed entrambi mossero di conserva lungo la ripa del fiume, sperando imbattersi in barca o in chiatta che dall’altra sponda li traghettasse. — Poichè ebbero camminato per buono spazio, notarono con maraviglia la ripa torcersi a gomito e spingersi traverso al fiume, in guisa di penisola, mentre le acque, invece di arricciarsi a cagione di simile ostacolo, tentando passare di sopra, avvallansi gorgogliando scorrono per di sotto; allora sostarono