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capitolo xx.


mondo, re, quantunque barbari, palesarono salutevole severità; Sesostri informi, re d’Egitto, che ordinò gli adulteri si sepellissero vivi; Diacmo re di Scizia, la propria figlia, colta in adulterio, fece seppellire viva; Temas dei tenedi, pure risparmiando al suo figliuolo tanto atroce supplizio, non lo volle meno morto. Insomma, i re imitarono in questa come in moltissime altre cose il modello di Dio, il quale da ogni suo perdono volle sempre esclusi gli adulteri; anco sant’Agostino lo dice. I popoli stessi, quantunque lontani da rappresentare l’immagine di Dio, e seguire i suoi santi precetti, pure non mancarono di provvedere alla esterminazione dell’abominevole delitto; tacerò dei parti, non parlerò degli arabi, nè dei messicani, nè di altri popoli, così del vecchio come del nuovo mondo, mi giovi rammentare soltanto i battas, tribù nell’isola di Giava, i quali condannano il peccatore ad essere mangiato cotto o crudo, a scelta del marito. L’offeso convita al pranzo espiatorio parenti e amici; legasi il colpevole a un palo; gl’invitati si accostano, ed ognuno di loro, secondo il grado di dignità, si taglia il tocco che gli gusta meglio; primo di tutti, già s’intende, il marito, il quale si piglia come più appettitosa la parte dell’adultero dietro l’orecchio, e un’altra che non importa dire.

La nostra storia racconta come, a questo punto della orazione di Fabrizio, dei gentiluomini quivi