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216 il secolo che muore


Ai polli soprastà la stella della strozzatura; ai tordi l’altra dello spiedo; agli sbirri, finchè mondo è mondo, predomina l’astro della sassata e del bastone: così vuole il destino!

Intanto il colosso si era vôlto alla terra traendo seco attanagliato il prigioniero, mentre la turba gli moveva dietro con schiamazzi e fischi. Curio e Filippo imbrancaronsi con gli altri, e curiosi di sapere la cosa, interrogati quanti più poterono spillarono: il colosso venuto in lite col mastino essere il capitale magistrato della terra, cioè lo sceriffo; il prigione un indio bravo, il quale aveva allora allora fesso il ventre a un povero giovane del Kentuky, che spazzando davanti la porta del caffè dove stava per garzone, aveva per disgrazia buttato un po’ di spazzatura su le scarpe di lui; il popolo infellonito volere mettere in pezzi l’omicida, che si era dato alla fuga per campare la pelle, ma lo sceriffo, e più il cane, gli avevano tronco il disegno.

Lo sceriffo condusse (che senza offesa del vero non si potrebbe dire strascinasse, dacchè l’indio andava così di buon grado che non pareva fatto suo) il prigioniero dinanzi al cadavere del garzone, che giaceva supino in mezzo della strada dentro una pozzanghera di sangue, e di subito mise mano allo interrogatorio.

— Conosci questo uomo?

— Siì.