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capitolo xxii. 241


Di questi amici alcuni morendo portarono seco nell’altra vita l’anima dirittamente intera, ed io li piango; altri durano tuttora nella vita, ma hanno fatto getto dell’anima intemerata, — e di questi piango troppo più. Ora che io e voi siamo giunti dinanzi la porta della morte e teniamo in mano il battente per picchiarci che ci apra: dite, vecchi compagni della mia gioventù, valeva il pregio avvilirvi? Il retaggio che lasciate ai vostri figli, unico inalienabile, è la fama contaminata.

Ma tornando a parlare delle sètte segrete, è giusto che si affermi come, nonostante gli errori molti e qualche colpa commessa, elle fossero per la libertà ciò che furono le catacombe per la religione cristiana; loro mercè si mantennero accesi sopra il medesimo altare con fiamma congiunta l'amore della patria e l’odio contro lo straniero; colla parola li confessarono, col martirio li suggellarono; ed anche questo altro so, e veruno me lo potrebbe negare, che molti italiani vanno debitori all’opera delle sètte segrete della loro vita. — Com’essi l’abbiano spesa non considero, non voglio considerare; noi compimmo il nostro dovere; — non ora, ma più tardi, per quelli che mal vivendo perderono le cause del vivere, non può mancare chi in loro potendo più di loro li interrogherà: e voi come adempiste il vostro?