Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
240 | il secolo che muore |
cende tanto per una, quanto per cinque fiaccole: ed ella godè uno dei più bei giorni che avesse rallegrato la primavera della sua vita, sentendo a prova come la coppa della gioia e del dolore non si vuota mai tanto, che qualche gocciola in fondo non ne rimanga sempre.
Da Trento scesero a Trieste, dove in grazia delle cure amorose del signor Giamari, greco, della libertà di tutti i popoli amante come fratello, di quella della Grecia e dell’Italia come figlio, ebbero comodità imbarcarsi per Londra; di questo ricevè lettere nunziatrici Isabella, le quali la confortavano a starsi di buono animo, confidare in Dio, che li avrebbe sovvenuti anche in avvenire. Ormai non potersi revocare più i mattini sereni; tuttavia dopo un giorno procelloso gli occhi si consolano a vedere il tramonto del sole circondato da mesti raggi, e l’anima ne gode.
Io, scrittore, non conosco cosa nel mondo della quale sia stato detto tanto bene, ovvero tanto male, a seconda degli appassionati interessi, come delle sètte segrete: i governi lungamente mi perseguitarono, e ferocemente, pel sospetto che io fossi capo o parte principale di taluna di quelle: la verità è che io mi tenni fuori di tutte; privato cittadino, sovvenni coll’opera e col consiglio, impiegandoci non pure le mie facoltà, ma altresì quelle di parecchi amici, quanto ci parve magnanimo, libero e onesto.