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capitolo xxii. |
I successi si svolsero giusto nel modo presagito dal veccliio; il suo figliuolo, richiamato, tornò due giorni dopo dalla Svizzera, il quale ridottosi a parlamento col prefetto, col generale di divisione, col procuratore del re e col questore, si condusse a casa in fretta e in furia per rinnovare la biancheria della valigia, desinare e partire. Mangiò appena, le mani gli tremavano per la commozione; narrò, il governo sottosopra per la fuga del soldato condannato a morte e del carceriere; non sapeva distinguere chi più procedeva smaniosa in questa faccenda, o l’autorità civile o la militare; entrambe parergli frenetiche: se non giungeva a dare uno esempio solenne, addio disciplina; il regolamento urlava carne peggio di un lupo affamato: egli aveva rimesso il cuore in corpo a tutti: essere corso fra loro un patto: se a lui fosse riuscito in capo ad una settimana reintegrare i contumaci in Castello, gli avrieno impetrato dal governo una questura e la croce dei santi Maurizio e Lazzaro. Bel colpo, babbo mio! bel colpo!
— Bada, gli notava il padre, bada, figlio mio; ho paura tu abbi preso una gatta a pelare; i repubblicani sono potenti; almeno se ne vantano.
— Eh! dove sono adesso i repubblicani? Repubblicani erano i giovani, ma il governo li pesca alla mazzacchera delle preture, degli assessorati, delle delegazioni, delle questure; qualcheduno, che va per