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224 | il secolo che muore |
pena ebbe trovato modo per susurrare nell’orecchio a Curio: stasera! — disse al secondo:
— Io non mi reggo ritto, badate a chiudere con la solita diligenza; quando avrete finito, venite a mangiare un boccone meco, mi terrete un po’ svagato, che dall’angoscia mi sento morire.
Il secondo non se lo fece ripetere due volte, e rispose:
— Animo, su, sergente, dopo il tempo cattivo viene il buono, come dice l’uomo del Bosco.
Pertanto, dopo tirati i chiavistelli e chiusi i lucchetti a norma dei veglianti regolamenti, egli se ne andò a trovare Filippo salendo le scale a quattro a quattro; questi, che si era buttato sul letto, scese subito e si mise a tavola col secondo; alquanto cibo gustò, al bicchiere pose appena le labbra, poi sbadigliando disse:
— Ho più voglia di dormire che di mangiare; continuate il vostro pasto, io lo ripiglierò riposato; lasciatemi la parte del pane e del companatico; il vino finitelo pure, che di questo ce ne ho dell’altro.
Veramente il secondo si era proposto non tenere lo invito, anzi aveva solennemente deliberato in cuor suo serbargli anche la metà del vino; ma sì, ciliege, bugie e bicchieri di vino vengono al mondo come Giacobbe, agguantando il piede di Esaù. Innanzi che fosse andato in fondo della boccia, il capo del secondo dondolava più della cima di un cipresso