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222 il secolo che muore


— L’ha avuta! gridarono attorno i soldati uccellando il livornese, il quale con ciglio e accento severi parlò:

— Signori, non mi pare buona creanza interrompere chi parla, massime quando l’oratrice è una gentil donzella.

— Ora, continua Eufrosina, in questi due franchi entrano tre e più litri di vino; bevetene un bicchiere avvantaggiato per uno alla mia prossima salute.

Qui ruppe tale un rombazzo di voci per applaudire Eufrosina, che il colonnello del presidio, immaginando che o qualche principe, o il re stesso si fosse fatto a visitare il castello, tirò via di uno strettone il piede dalle mani del barbiere, che gli tagliava i calli, e con una gamba calzata e l’altra scalza corse per essere primo ad ossequiare, mentre il comandante, pauroso che la rivoluzione fosse entrata in Castello, si rimpiattava sotto il letto della moglie puerpera.

Eufrosina aveva operato da quella arguta giovane che era; — tanti capi, tante opinioni in Italia, così in caserma, come in mercato e in Parlamento; ed ogni dì crescono, perchè durano fatiche da cani ad insaccarci tutti nella unità dei regolamenti piemontesi e non ci riescono: unico efficace fattore della unità italiana fin qui il fiasco; Asti e Artimino, Chianti e Barbèra si riconobbero senza ostacolo di