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24 | il secolo che muore |
che, in atto dolce di pietà e di amore, volgeva al cielo le mani giunte implorando un po’ di refrigerio a tanto strazio. Accadde che anche Gavino in quel medesimo punto sogguardasse Artemisia, e tanto ne rimase percosso, che di subito cessato il pianto, con voce tra acerba e angosciosa così trafisse Efisio:
— Ahi! sciagurato! Come ti regge il cuore affliggere così divina creatura? Dovevi piuttosto ammazzarla, e me con essa.
A Efisio presero a tremolare le palpebre; gli parve gli mancasse il pavimento sotto le gambe; la parola gli rimase attaccata alla gola, tese singhiozzando le braccia verso gli oggetti della sua tenerezza, e subito dopo cadde come fulminato sopra la sedia.
Fabrizio, pauroso che dalla maglia rotta gli scappasse il pesce, si affretta a sorgere in piedi, e chiesta ed ottenuta facoltà di dire, così prese a parlare:
— Fra i nequissimi, pessimo il delitto di adulterio; quindi i romani, di cui le leggi furono meritamente salutate la ragione scritta, lo punirono con pene troppo più severe dell’omicidio e del furto; invero il ladro ti ruba cosa che tu puoi recuperare, puoi rifare, alla peggio te ne puoi astenere, ma l’adultero ti strappa il cuore della moglie, la reputazione di casa, la sicurezza della famiglia, e tutto questo perduto non puoi riacquistare, o farne a meno. E il derubato argomento di compassione, uomini pub-