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218 | il secolo che muore |
nate, semplici come colombe e astuti più dei serpenti. I giovani non san fare, per condurre le cose a modo e a verso bisogna avere giocato le partite dove per posta si metteva su una corda, ovvero otto palle nello stomaco quando andava bene. Forse prima che tu parta ci rivedremo; in ogni caso, to’ un bacio, e Dio stia con noi.
Non uno, ma dieci ne ricambiò con Foldo il buon Filippo, che voltatosi al primo interrogò:
— O che un bacio alla comare io gliel’abbia a dare?
— Dagliene due: i baci della moglie a cui il marito fa da notaro non registra la vergogna.
E la Bita, fra il riso e il pianto, minacciando col dito Filippo, diceva:
— Tristo, e guai a voi se per colpa vostra io non avessi ad essere la comare del primo figliuolo che partorirà Eufrosina.
Filippo, pauroso fosse per mancargli il tempo, accomiatatosi da loro si affretta a casa, dove Eufrosina, persuasa del pensiero gentile di dissimular© al padre la propria cecità, si era industriata di mettere a tasto in sesto le sue robe, e tra bene e male ci era riuscita; ma ella presumendo troppo aveva ardito eziandio acconciarsi il capo, e scioltasi i capelli ci aveva passato quattro volte e sei il pettine; ma di un tratto l’era caduto, e per quanto avesse brancolato diligentemente da per tutto non l’era riuscito rinvenirlo più.